Il teatro romantico
aveva consolidato, ai fini di una maggiore partecipazione emotiva, una necessità
di credibilità della messinscena, con una tendenza alla ricerca
storico-filologica preventiva per la realizzazione di scenografia e
costumi. Dalla seconda metà del secolo tale necessità, in piena
spinta realista, in accordo con i presupposti del
Théâtre Libre fondato nel 1887 da
André Antoine e gli ideali del naturalismo di Émile Zola,
porta a ricreare sullo spazio scenico elementi che riproducano
l'ambientazione del dramma, e quindi un'atmosfera quotidiana e
domestica, con particolare attenzione all'arredamento e agli oggetti:
la scena è trasformata in un interno borghese, e gli spettatori
assistono a questa illusione di quotidianità grazie alla suggestione
provocata dall'interazione verosimile tra l'attore e l'impianto
scenico.
Il costume, in questo
senso, cessa di essere un mero strumento di sfoggio, ma deve
riflettere le caratteristiche morali e psicologiche del personaggio,
oltre che esplicitare gli intenti poetici del drammaturgo, nascosti
nel dramma stesso.
La messinscena di La Fille Elisa di Edmond de Goncourt al Théâtre Libre nel 1890 |
Il costume teatrale
del Novecento, sebbene non sia possibile individuarne un'unica
tendenza evolutiva, abbandonerà poi progressivamente, come vedremo,
gli ideali del naturalismo per rispondere a quelli delle avanguardie,
e come queste ultime attinge da molteplici orientamenti estetici,
artistici e stilistici.
Per la preparazione e la
buona riuscita dello spettacolo, incaricati di occuparsi della
scenografia dell'attrezzeria, un direttore di scena e un trovarobe;
gli attori dovevano inoltre possedere nel proprio baule, oltre agli
abiti da sera, un corredo di scena e un abito storico.
Già privato, come
abbiamo visto, della sua funzione decorativa, divenuto elemento
scenico che esprime visivamente il carattere e la psicologia dei
personaggi, ora l'abito scenico conquista un altro livello
espressivo:
Tramite l'abito, un
involucro concreto, l'attore (sulla cui figura, come chiave della
messinscena nella sua corporeità, si incentra l'attenzione delle
poetiche teatrali del Novecento) si fa nuovamente mediatore di un
messaggio astratto della rappresentazione, assolvendo nuovamente, in
casi più o meno evidenti, ad un ruolo sacerdotale in una visione del
teatro che ha come fine, come nell'antichità, la dimensione sacrale
e sociale.
La figura del costumista
ottiene una posizione importante come ingranaggio dell'intero
meccanismo creativo complessivo dell'opera teatrale:
I costumi […] devono essere
pensati in stretta armonia con la scenografia. Pittore-scenografo
e costumista collaboreranno per ottenere una fusione fra l'apparenza
colorata e plastica di attori e comparse e le linee e i colori dello
scenario generale; […] (Jacques
Rouché, L'Art théâtral moderne, citato in S. Carandini, La
melagrana spaccata: l'arte del teatro in Francia dal naturalismo alle
avanguardie storiche, Valerio Levi, Roma 1988, p.107)
Complice di questa nuova
visione dello spazio e delle componenti materiali, che sarà propria
delle avanguardie, è sicuramente la nascita e il contatto con altre
forme spettacolari.
La danza, con Isadora
Duncan, i Balletti Russi e Loïe Fuller, stava andando
incontro a cambiamenti radicali nell'evoluzione dell'estetica e della
tecnica, e il teatro cominciava a misurarsi con i circuiti del circo
e del varietà, e più tardi con nuove forme di intrattenimento, come
il cinema.
Il teatro antico, il
teatro popolare, le sacre rappresentazioni medievali, il teatro
orientale e la Commedia dell'Arte furono le principali forme
spettacolari che furono oggetto di riprese e rivisitazioni
soprattutto nel corso del XX secolo.
Il motivo è più che
ovvio: rivoluzionare i canoni ormai cristallizzati del teatro
borghese con una spinta all'innovazione degli elementi
artistico-espressivi di un linguaggio teatrale nuovo, di cui le forme
spettacolari citate poco fa erano ricche.
L'espressività della
pantomima, la fissità delle maschere e dei costumi dei comici
dell'Arte diventano uno strumento per lavorare su un'interpretazione
priva di psicologismi, incentrata sul corpo e sulla valenza simbolica
della maschera-tipo.
La
lontananza è sia storica che geografica: la fascinazione
dell'Oriente nella cultura occidentale non era affatto cosa
nuova, e con l'Esposizione Universale del 1900 le esibizioni degli
oggetti della cultura giapponese, araba, cinese, indiana, influenzano
profondamente prima di tutto la moda: i vibranti cromatismi, i
riferimenti all'estetica asiatica e della Grecia Antica, nonché la
foggia, pensata apposta per un corpo che deve muoversi, rinnovano
l'abbigliamento femminile che già pare orientato la liberazione
dalla linea a S e da un corpo fasciato dal busto.
Il
teatro orientale rispondeva perfettamente alle ricerche
sulla nuova espressività dello spazio scenico: qui è quasi infatti
totalmente assente la scenografia, che è ridotta a pochissimi
elementi: è l'attore a far rivivere la vicenda con la tensione dei
movimenti e con i costumi,
che permettono allo spettatore di riconoscere subito il personaggio
guardando la valenza convenzionale che si cela tradizionalmente
dietro ad un preciso abbigliamento, accessorio, trucco o
acconciatura, a seconda del colore, della forma e della foggia. L'attenzione al costume
di scena del teatro orientale denota quanto l'abito sia fondamentale
in quanto dilatazione del personaggio simbolicamente rappresentato,
scevro da qualsiasi psicologismo. Ed è l'attore che, con la sua
presenza scenica e l'energia emanata dal movimento, sfrutta ogni
potenziale di questo strumento.
Altro, non meno
importante, forte impatto sulla moda e sulla storia del costume
teatrale è determinato dal fiorire di nuove forme di spettacolo come
oltre al circo,
il cabaret e il teatro di varietà, e dall'arrivo
dei Balletti Russi di Djagilev a Parigi nel 1909, con gli innovativi
e sontuosi costumi disegnati Alexandr Benois e Leon Bakst (VAI ALL'ARTICOLO).
Loïe
Fuller
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Loïe Fuller ritratta da Henri de Toulouse-Lautrec mentre si esibisce nella sua famosa Danza del Fuoco (1895) |
Giorgio
De Chirico, costume per il balletto Pulcinella
dei Balletti Russi (1931).
Fonte: http://nga.gov.au
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Gli
ultimi anni del XIX secolo sono quindi caratterizzati da una spinta
propulsiva al rinnovamento dello spazio scenico in ogni sua
componente materiale: tra Otto e Novecento si era innanzitutto
perfezionata la scenotecnica, grazie all'impiego di convegni
meccanici e dell'illuminazione elettrica.
Parallelamente
allo sviluppo del modello registico della messinscena si manifesta
l'esigenza di ricercare un linguaggio espressivo più complesso,
simbolico, astratto; questa esigenza porta ovviamente a diverse
soluzioni sceniche, storicamente attuate
o anche solo teorizzate.
Come
già affermato la questione del costume e della scenografia delle
avanguardie non
può essere esaminata secondo un'unica linea progressiva, e che ci
sono, in sostanza, tante idee di costume e di allestimento scenico
quante sono le idee di teatro.
Un
concetto è però costante e fondamentale nel teatro del Novecento:
la
figura dell'attore
come elemento da cui non si può prescindere all'interno
dell'allestimento scenico.
La
questione dell'attore è centrale, e il costume cerca ovviamente di
rispondere a questi nuovi presupposti di ricerca, con soluzioni che
vanno da un recupero della scena naturalista fortemente
psicologizzata a una tendenza al totale abbandono di quest'ultima.
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