martedì 9 agosto 2016

Evoluzione del costume teatrale del Novecento. Pt.1. Introduzione

Il teatro romantico aveva consolidato, ai fini di una maggiore partecipazione emotiva, una necessità di credibilità della messinscena, con una tendenza alla ricerca storico-filologica preventiva per la realizzazione di scenografia e costumi. Dalla seconda metà del secolo tale necessità, in piena spinta realista, in accordo con i presupposti del Théâtre Libre fondato nel 1887 da André Antoine e gli ideali del naturalismo di Émile Zola, porta a ricreare sullo spazio scenico elementi che riproducano l'ambientazione del dramma, e quindi un'atmosfera quotidiana e domestica, con particolare attenzione all'arredamento e agli oggetti: la scena è trasformata in un interno borghese, e gli spettatori assistono a questa illusione di quotidianità grazie alla suggestione provocata dall'interazione verosimile tra l'attore e l'impianto scenico.

Il costume, in questo senso, cessa di essere un mero strumento di sfoggio, ma deve riflettere le caratteristiche morali e psicologiche del personaggio, oltre che esplicitare gli intenti poetici del drammaturgo, nascosti nel dramma stesso.

La messinscena di La  Fille Elisa di Edmond de Goncourt al Théâtre Libre nel 1890
Il costume teatrale del Novecento, sebbene non sia possibile individuarne un'unica tendenza evolutiva, abbandonerà poi progressivamente, come vedremo, gli ideali del naturalismo per rispondere a quelli delle avanguardie, e come queste ultime attinge da molteplici orientamenti estetici, artistici e stilistici

Per la preparazione e la buona riuscita dello spettacolo, incaricati di occuparsi della scenografia dell'attrezzeria, un direttore di scena e un trovarobe; gli attori dovevano inoltre possedere nel proprio baule, oltre agli abiti da sera, un corredo di scena e un abito storico.

Già privato, come abbiamo visto, della sua funzione decorativa, divenuto elemento scenico che esprime visivamente il carattere e la psicologia dei personaggi, ora l'abito scenico conquista un altro livello espressivo:

Tramite l'abito, un involucro concreto, l'attore (sulla cui figura, come chiave della messinscena nella sua corporeità, si incentra l'attenzione delle poetiche teatrali del Novecento) si fa nuovamente mediatore di un messaggio astratto della rappresentazione, assolvendo nuovamente, in casi più o meno evidenti, ad un ruolo sacerdotale in una visione del teatro che ha come fine, come nell'antichità, la dimensione sacrale e sociale.

La figura del costumista ottiene una posizione importante come ingranaggio dell'intero meccanismo creativo complessivo dell'opera teatrale:



I costumi […] devono essere pensati in stretta armonia con la scenografia. Pittore-scenografo e costumista collaboreranno per ottenere una fusione fra l'apparenza colorata e plastica di attori e comparse e le linee e i colori dello scenario generale; […] (Jacques Rouché, L'Art théâtral moderne, citato in S. Carandini, La melagrana spaccata: l'arte del teatro in Francia dal naturalismo alle avanguardie storiche, Valerio Levi, Roma 1988, p.107)



Complice di questa nuova visione dello spazio e delle componenti materiali, che sarà propria delle avanguardie, è sicuramente la nascita e il contatto con altre forme spettacolari.

La danza, con Isadora Duncan, i Balletti Russi e Loïe Fuller, stava andando incontro a cambiamenti radicali nell'evoluzione dell'estetica e della tecnica, e il teatro cominciava a misurarsi con i circuiti del circo e del varietà, e più tardi con nuove forme di intrattenimento, come il cinema.

Il teatro antico, il teatro popolare, le sacre rappresentazioni medievali, il teatro orientale e la Commedia dell'Arte furono le principali forme spettacolari che furono oggetto di riprese e rivisitazioni soprattutto nel corso del XX secolo.

Il motivo è più che ovvio: rivoluzionare i canoni ormai cristallizzati del teatro borghese con una spinta all'innovazione degli elementi artistico-espressivi di un linguaggio teatrale nuovo, di cui le forme spettacolari citate poco fa erano ricche.

L'espressività della pantomima, la fissità delle maschere e dei costumi dei comici dell'Arte diventano uno strumento per lavorare su un'interpretazione priva di psicologismi, incentrata sul corpo e sulla valenza simbolica della maschera-tipo.
 La lontananza è sia storica che geografica: la fascinazione dell'Oriente nella cultura occidentale non era affatto cosa nuova, e con l'Esposizione Universale del 1900 le esibizioni degli oggetti della cultura giapponese, araba, cinese, indiana, influenzano profondamente prima di tutto la moda: i vibranti cromatismi, i riferimenti all'estetica asiatica e della Grecia Antica, nonché la foggia, pensata apposta per un corpo che deve muoversi, rinnovano l'abbigliamento femminile che già pare orientato la liberazione dalla linea a S e da un corpo fasciato dal busto.
Il teatro orientale rispondeva perfettamente alle ricerche sulla nuova espressività dello spazio scenico: qui è quasi infatti totalmente assente la scenografia, che è ridotta a pochissimi elementi: è l'attore a far rivivere la vicenda con la tensione dei movimenti e con i costumi, che permettono allo spettatore di riconoscere subito il personaggio guardando la valenza convenzionale che si cela tradizionalmente dietro ad un preciso abbigliamento, accessorio, trucco o acconciatura, a seconda del colore, della forma e della foggia. L'attenzione al costume di scena del teatro orientale denota quanto l'abito sia fondamentale in quanto dilatazione del personaggio simbolicamente rappresentato, scevro da qualsiasi psicologismo. Ed è l'attore che, con la sua presenza scenica e l'energia emanata dal movimento, sfrutta ogni potenziale di questo strumento.
Altro, non meno importante, forte impatto sulla moda e sulla storia del costume teatrale è determinato dal fiorire di nuove forme di spettacolo come oltre al circo, il cabaret e il teatro di varietà, e dall'arrivo dei Balletti Russi di Djagilev a Parigi nel 1909, con gli innovativi e sontuosi costumi disegnati Alexandr Benois e Leon Bakst (VAI ALL'ARTICOLO).

Loïe Fuller


Loïe Fuller ritratta da Henri de Toulouse-Lautrec mentre si esibisce nella sua famosa Danza del Fuoco (1895)

Giorgio De Chirico, costume per il balletto Pulcinella dei Balletti Russi (1931).

Gli ultimi anni del XIX secolo sono quindi caratterizzati da una spinta propulsiva al rinnovamento dello spazio scenico in ogni sua componente materiale: tra Otto e Novecento si era innanzitutto perfezionata la scenotecnica, grazie all'impiego di convegni meccanici e dell'illuminazione elettrica.

Parallelamente allo sviluppo del modello registico della messinscena si manifesta l'esigenza di ricercare un linguaggio espressivo più complesso, simbolico, astratto; questa esigenza porta ovviamente a diverse soluzioni sceniche, storicamente attuate o anche solo teorizzate.

Come già affermato la questione del costume e della scenografia delle avanguardie non può essere esaminata secondo un'unica linea progressiva, e che ci sono, in sostanza, tante idee di costume e di allestimento scenico quante sono le idee di teatro.

Un concetto è però costante e fondamentale nel teatro del Novecento: la figura dell'attore come elemento da cui non si può prescindere all'interno dell'allestimento scenico.

La questione dell'attore è centrale, e il costume cerca ovviamente di rispondere a questi nuovi presupposti di ricerca, con soluzioni che vanno da un recupero della scena naturalista fortemente psicologizzata a una tendenza al totale abbandono di quest'ultima.



Claudia Fasano

>> Pt. 2

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